martedì 4 settembre 2012

LA SCUOLA IN APPALTO







Sempre più spesso l'insegnamento della musica nella scuola elementare viene delegato ad esperti esterni, ecco alcune riflessioni in proposito, leggete e commentate!

PARS DESTRUENS L’insegnamento di educazione al suono e alla musica nella scuola primaria è spesso temuto, schivato, delegato o, peggio ancora, abortito (basti sfogliare molti quaderni di educazione al suono e alla musica, anoressici in fatto di quantità e qualità dei materiali raccolti). Insomma, se ti tocca di insegnare musica nelle elementari o sei particolarmente sfortunato o forse semplicemente un po’ ingenuo e votato al sacrificio soprattutto quando in prossimità del Natale o della festa di fine anno ti arrivano richieste del tipo: “Tu che fai musica, se ti do una cassettina, (spesso siamo ancora alle cassettine, il midi o l’MP3 sono ancora tabù) potresti toglierci la voce e lasciare la musica?” oppure: “Visto che alle medie suoneranno il flauto dolce, non è il caso che gli insegniamo a suonarlo già qui?” “Ieri sera ho visto un bambino che suonava Il volo del calabrone con il pianoforte, per caso hai le parole del testo?” Il panico dilaga, serve un deus ex machina, un’autorità indiscussa che tolga i docenti dai guai...arriva l’esperto. L’esperto (di musica o di qualsiasi disciplina curriculare) arriva come un vero salvatore che va a colmare una lacuna che creava disagio, le insegnanti lo stimano: è diplomato al conservatorio! (che per una maestra sarebbe come a dire: ha fatto le magistrali!), vi si affidano totalmente ed assistono estasiate alle lezioni che egli fa al posto loro in classe, qualcuna prende appunti... E’ la resa incondizionata, si viene a creare un legame di dipendenza, ossia: c’è l’esperto? Ok, allora facciamo musica, pensiamo in grande, non c’è? Beh, allora la musica tornerà ad essere la Cenerentola dell’orario settimanale, la prima ad essere sacrificata se ci sono ore da recuperare o se siamo indietro con qualche altra materia. L’anno finisce tra grandi sospiri di sollievo, felicemente dimentichi che una persona ha insegnato al tuo posto, durante le ore nelle quali sei stato pagato per un lavoro che in realtà è stato svolto da un altro. I contribuenti, i genitori di quei bambini, anch’essi ammirati, scordano di aver pagato due volte la medesima lezione ma va bene lo stesso, purché facciano musica con un esperto... Porte aperte quindi a musicisti, pittori, atleti che ci sostituiscano nell’arduo compito al quale abbiamo scelto di votarci e per il quale siamo pagati, meglio subappaltare a dei sostituti che lavorino al nostro posto con i soldi dello stato! Cosa di meglio, poi, al termine di una manciata di lezioni profumatamente pagate, che invitare i genitori e gli insegnanti (solo quelli delle classi coinvolte, ovvio, gli altri non servono) ad un piccolo saggio con tanto di QUESTIONARIO DI GRADIMENTO per assicurarsi una futura riproposta del corso (ti è piaciuto? Vuoi che tuo figlio abbia ancora quest'opportunità o preferisci lasciarlo nelle mani di maestre incapaci? Allora paga!)?


PARS COSTRUENS Sono assolutamente convinto che chi insegna debba avere una specifica formazione sul piano pedagogico e didattico che gli permetta di conoscere gli snodi strutturali delle discipline, le diverse strategie metodologiche, sia disponibile ad aggiornarsi, sappia predisporre una programmazione ed una valutazione, sappia lavorare in equipe...insomma, sia un insegnante e non solo un musicista per quanto bravo ed esperto. Faccio un esempio: Possiamo forse negare che Francesco Totti sia un “esperto attaccante”? o Dario Argento un “esperto regista horror” o magari Federico Moccia un “esperto scrittore generazionale”? Certamente no, ma altrettanto certamente non possiamo garantire la loro efficacia una volta tolti dal campo da gioco, dalla macchina da presa o dalla scrivania e portati in una classe.Non credo affatto che a dei diplomati al Conservatorio, per quanto bravi e volenterosi, basti un corso di formazione ad hoc per passare da esperti in un determinato campo ad insegnanti, ritengo invece che il percorso debba essere diverso, prevedendo la formazione all’insegnamento già durante il corso di studi e che debba essere verificato mediante esami, come accade a tutti gli insegnanti. Certo, parlando dello specifico musicale, il piano di studi del conservatorio andrebbe totalmente rivisto, prevedendo all’interno del medesimo corso di strumento almeno tre indirizzi: concertistico (per chi desidera diventare un fine interprete), cameristico (per chi vuole suonare o accompagnare altri musicisti) e didattico (per chi intende dedicarsi all’insegnamento). Per ora i programmi del conservatorio sono fermi al 1922 (quando si parlava ancora del jazz come di musica negroide!) ma sono fiducioso... La medesima necessità di una svolta riguarda l’istituto scolastico che forma i futuri insegnanti: il liceo socio-psico-pedagogico che in campo di educazione musicale fa ben poco. Si tenga conto che le attuali maestre si sono formate sul libro di testo di Achille Schinelli, nato nel 1882! Immaginiamo per un attimo cosa accadrebbe se un professore di storia adottasse un libro di testo scritto più di un secolo fa!Certo le eccezioni non mancano, nel liceo socio-psico-pedagogico di Verona sono stati avviati dei corsi di strumento musicale (ma si farà anche didattica della musica?), molte maestre frequentano corsi di formazione che però si innestano su un vuoto culturale che le costringe a limitarsi a ripetere pedissequamente il repertorio ed i materiali loro proposti nei corsi, basta vedere il fiorire di Tumbe Tumbe, danze dell’Est europeo e quant’altro che di anno in anno vengono affibbiate senza tener minimamente conto delle competenze musicali pregresse in possesso dei bambini e dei ragazzini delle scuole medie. Sono convinto che un serio percorso di formazione degli insegnanti sia possibile purché svolto con criteri volti all’emancipazione didattica e non alla dipendenza: il fatto che vi siano docenti che da anni frequentano corsi di formazione e sentano ancora la necessità di un esperto in classe dovrebbe far riflettere sull’efficacia di molti corsi. Oltre allo sviluppo dell’autonomia credo sia importante porre attenzione all’utilizzo delle risorse interne, ossia alla possibilità di utilizzare le competenze specifiche dei docenti per pianificare una programmazione ma anche per proporre percorsi formativi “dall’interno” e non “dall’esterno”, con un maggior legame all’identità della scuola, agli sfondi e agli stili educativi dei diversi istituti scolastici Il ruolo di un esperto esterno non dovrebbe mai essere quello di sostituirsi all’insegnante per “manifesta incapacità”, bensì quello di formare i docenti per favorire lo sviluppo dalla massima autonomia sul piano programmatico, operativo e metodologico. Quindi non “fare al posto di” perché ciò rafforzerebbe il senso di inadeguatezza e il legame di dipendenza psicologica, ma neppure “fare assieme a” a meno che a ciò non faccia seguito un momento di verifica dove si approfondisca il senso delle attività nell’ottica della formazione dei docenti. Come procedere dunque? Il primo passo da fare è, a mio avviso, quello della stesura di una seria programmazione quinquennale. Nella scuola primaria i momenti di programmazione non mancano certamente ma quanti minuti sono stati dedicati alla programmazione di educazione al suono e alla musica? Ben pochi, temo. Anche gli incontri di programmazione per ambiti disciplinari che vengono regolarmente organizzati in parallelo tra più plessi vedono la musica esclusa, ignorata, preferita alle materie “forti” quali la lingua, la matematica, non ho mai programmato o semplicemente discusso di educazione musicale con i colleghi degli altri plessi! Quante volte ho visto programmazioni di educazione al suono e alla musica che inevitabilmente partono con queste parole: “Già nel grembo materno il bambino vive immerso in un universo sonoro: la voce della madre, il battito del cuore...” per poi passare al primo obiettivo: “Distinzione tra suoni e rumori” peccato che questa distinzione sia già stata superata da almeno una cinquantina d’anni dalle composizioni di John Cage, dalla musica concreta di Schaeffer e da molti autori rock! Nella programmazione si dovrà tener conto di obiettivi primari quali l’educazione al ritmo, l’educazione dell’orecchio, l’educazione della voce, l’educazione all’ascolto, il coordinamento oculo-manuale ossia a tutti quei prerequisiti che spesso vengono bypassati a favore di frettolosi apprendimenti di improbabili canzoni di Natale spesso inadatte alla vocalità infantile (una su tutte: Happy Christmas, war is over di John Lennon) Andrebbero maggiormente sviluppate iniziative quali il coro scolastico, formato da bambini e ragazzi di più classi, l’orchestra della scuola, che utilizza strumentari didattici o autocostruiti, una band musicale alla quale partecipino anche i genitori che sanno suonare uno strumento...tutte queste realtà sono praticate da anni nelle scuole americane di diversi ordini, dalla scuola di base ai college, alle università. Gli insegnanti che vi operano sono completamente inseriti nell’organico e nel curricolo scolastico e non si affacciano semplicemente alla scuola per interventi temporanei che non lasciano nulla sul piano educativo. Accanto a tali formazioni si può affiancare un laboratorio teatrale, un gruppo di danza (popolare, moderna, jazz) e potrebbero sorgere molteplici occasioni di collaborazione tra i diversi gruppi nell’ottica di una pluralità delle offerte formative. Un progetto così strutturato non può che essere svolto in modo assiduo, regolare e costante lungo tutto l’anno scolastico e lungo tutto il percorso curriculare per non vanificare l’apprendimento delle abilità di base che poi il bambino si porterà dietro per tutta la vita e sulle quali si andranno a fondare i successivi apprendimenti di tipo tecnico- strumentale. In una prospettiva di tale ampiezza sarà senz’altro necessario attingere anche a risorse esterne che provvedano alla formazione degli insegnanti ma per evitare di ricadere nella logica dell’esperto-sostituto il loro ruolo deve essere quello di formatori su lungo periodo, ossia, si dovrebbe pensare ad un percorso pluriennale dove vi sia un primo momento di formazione sul piano teorico-tecnico, un secondo sul piano della programmazione della disciplina, un terzo sulla verifica delle attività svolte in classe e nei gruppi eterogenei. Sarebbe senz’altro opportuno formare una commissione di insegnanti che si facesse carico di verificare le risorse presenti nei diversi plessi, sia sul piano umano che su quello materiale, stendesse una prima programmazione di massima, individuasse gli esperti da coinvolgere, tenesse i contatti tra i diversi ordini di scuola: dell’infanzia, primaria, secondaria inferiore e superiore, pianificasse momenti e modalità di verifica in itinere sotto forma di esibizioni collettive... E’ estremamente importante che gli esperti coinvolti nella formazione siano “esperti in formazione” e non semplici “esperti nelle disciplina” ossia siano in possesso di reali e dimostrabili competenze nel campo della formazione degli insegnanti. Via libera quindi ad insegnanti di didattica della musica, di metodologia dell’educazione musicale, di tecniche dell’insegnamento strumentale. Tutto ciò si scontra con la rigidità strutturale delle istituzioni scolastiche dove risulta più semplice impiegare esperti-insegnanti piuttosto che provvedere a ripristinare una situazione di normalità lavorativa mediante la formazione del personale docente attraverso esperti di didattica delle discipline e la valorizzazione delle risorse interne nel ruolo di pianificatori delle programmazioni specifiche...ma è quanto mai necessario e, a mio modesto giudizio, possibile.

PARS ETICA Avevo già detto all’inizio che trovavo discutibile sul piano etico l’intervento di un esterno che operi in mia vece in classe, pertanto non trovo moralmente giusto essere retribuito per un insegnamento svolto in realtà da un’altra persona. L’inevitabile conseguenza di questo ragionamento è che le ore nelle quali ho assistito alle lezioni di un esperto che ha insegnato al mio posto non mi debbano essere riconosciute sul piano economico Pertanto ho intenzione di restituire quanto prima all’Istituto Comprensivo presso il quale insegno il corrispondente economico delle ore lavorative durante le quali un "esperto" ha insegnato al mio posto.

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